Lucca Underground Festival Contest 2016 

 “The great artist of tomorrow will go underground” (Marchel Duchamp, Filadelfia, 1961)


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LUCCA UNDERGROUND FESTIVAL CONTEST SCHOOL 2016
Racconti vincitori della sezione dedicata ai ragazzi delle scuole superiori della provincia di Lucca

> Primo classificato - Aliaz Asylum  - di Sara Tocchini
> Secondo classificato – Il richiamo del lago – di Viola Francioni
> Terzo classificato – Amanda – di Martina Ruberti




Primo classificato - Aliaz Asylum  - di Sara Tocchini


In una piccola parte desolata del Nord America giace ormai da tempo l'Aliaz Asylum, un posto dimenticato da tutti, tranne da noi, che ci viviamo.
Io mi chiamo Jenna e i miei genitori hanno deciso di chiudermi in manicomio all'età di diciannove anni, solo perché mi piacciono le donne. Non sono pazza ma sono discriminata per questa mia particolarità.
Il mondo sta cambiando e ormai siamo nel 1950, non capisco come non si possano tollerare cose del genere in un’epoca così moderna.
Sono detenuta in questo manicomio da più di dieci anni, la mia vita qua dentro è monotona e snervante, ma l'ostilità più grande che devo affrontare ogni giorno è quella di far finta di essere pazza.
Oggi ci fanno giocare a rugby per alleviare le tensioni fra alcune di noi e per osservare la dinamica della nostra psiche concentrata su uno sport violento.
Non credo sia una buona idea considerando che qua una volta al mese muore qualcuno o per overdose o col collo spezzato in seguito a una rissa; praticare uno sport che stimola la violenza non è sicuramente una grande idea.
C'è un regolamento molto rigido qui, chi non rispetta le regole viene messo in isolamento e a seconda della gravità dei fatti i trasgressori potrebbero subire l'elettroshock.
Ancora nessuno sa come alcune detenute riescano a far entrare la droga ad Aliaz, rimane un mistero anche per me, forse qualche infermiera ha deciso di sterminarci visto che chi si droga qua dentro vive veramente poco.
Potrei cominciare anch'io, non avrei niente da perdere, anzi, se fosse Grace ad introdurre le sostanze stupefacenti qui avrei una buona scusa per trascorrerci più tempo insieme.
Qua dentro è la sola infermiera che prova dell’interesse nei confronti dei pazienti: ricordo quelle volte in cui mi portava qualche pezzo di pane di nascosto durante la notte, li faceva passare attraverso una fessura nella porta della mia stanza – è così che la chiamano, ma in realtà è una cella, con un misero letto, un cesso e le sbarre alla finestra- poi si fermava qualche secondo a guardarmi e impercettibile se ne andava via come un’ombra, come se non fosse mai stata li.
Sono anni che tento di parlarci ma spesso non mi degna nemmeno di una risposta, probabilmente per paura di farsi vedere dalle altre infermiere, che secondo il regolamento possono relazionarsi con noi entro un certo limite, oppure non vuole semplicemente perdere tempo a parlare con la pazza che mi considerano tutti.
L'unico modo che ho per stare con lei è quello di subire l'elettroshock.
In queste due settimane ho litigato con un po' di persone per vederla, ho subito scariche elettriche alla testa ad altissimo voltaggio solo per poterci parlare.
Forse sto diventando veramente pazza.
È iniziata la partita di rugby, per fortuna sono fra le riserve.
Tami klose ha appena fatto cadere un dente a una detenuta, la partita è stata annullata.
Tami è la più temuta del manicomio per aver scuoiato sei ragazze nel dormitorio dodici anni fa.
Adesso Grace sta aiutando la ragazza ferita, è talmente stordita per l'impatto che le ha fatto perdere il dente che ce la fa a stento a stare in piedi, viene portata lentamente in infermeria.
Decido di seguirle, probabilmente questa sarà l'occasione in cui riuscirò a parlare con Grace e non voglio lasciarmela scappare.
Mi ritrovo in un corridoio con una luce fredda e le pareti intrise di umidità, l'odore ne dà la conferma, a sbirciare in punta di piedi attraverso la finestrella in vetro opaco ciò che succede dentro l'infermeria.
Vedo Grace che cerca di tranquillizzare la ragazza, c’è da pensare che qua dentro le persone sono veramente pazze, fatta eccezione per me, e dopo un colpo del genere mi sarei aspettata il caos generale.
Sta uscendo del sangue dalla ferita, Grace le dà un’occhiata avvicinandosi in modo cauto; intanto dietro di me sento il rumore di alcuni passi e la porta del corridoio aprirsi, decido così di entrare dentro l’infermeria per non farmi vedere in corridoio e allo stesso tempo mi rendo conto che è anche un modo per incoraggiare me stessa ad oltrepassare quella porta e creare una conversazione con Grace.
Adesso sono dentro, mi giro verso il centro della stanza e incontro il suo sguardo interrogativo, provo a dirle la prima cosa che mi viene in mente ma mi accorgo di come in una frazione di secondo lo sguardo di Grace sia cambiato, dallo stupore di vedermi in quel posto al dolore di una pugnalata alle spalle.
Grace cade in terra rigida lasciando vedere dietro di lei la ragazza seduta sul lettino che alle apparenze poteva sembrare una persona innocua, con un paio di forbici macchiate di un color rosso sangue in mano.
Fissava prima la lama insanguinata, poi il corpo ferito sul pavimento e sul suo volto si materializzava un sorriso perfido, psicopatico.
A quel punto entrai nel panico, tutto ciò che poteva essere irrazionale in quel momento non aveva importanza di come fosse; mi scagliai addosso alla ragazza e con le stesse forbici le feci un taglio lungo tutta la gola.
Non ci volle molto, con il poco cibo che ci facevano mangiare eravamo tutte deboli, chi più chi meno.
Lasciai perdere la ragazza subito dopo aver scagliato tutta la mia rabbia su di essa e mi lasciai cadere accanto al corpo di Grace che giaceva sopra una pozza scura con uno sguardo spento come non avevo visto mai.
Rimasi lì con lei, ogni tanto mi scendeva una lacrima che cadeva impercettibile in quel sangue ormai senza vita.
Rimasi li con lei finché la porta di quella stanza non si aprì ed entrarono altri infermieri, io sentivo le voci e i suoni intorno a me come se fossi circondata una bolla.
Entrarono altre persone, mi presero per entrambe le braccia e mi portarono via da quel posto freddo e triste.
Buio.
Solo tre linee bianche penetrano nella stanza, da una finestrella sopra la mia testa riesco a vedere i granelli di polvere che risiedono in quelle quattro pareti, umide ormai da molto, fluttuare in una danza quieta attraverso quei deboli pezzi di luce.
L'aria che ristagna intorno a me mi ricorda le giornate piovose passate sotto il portico, oppure dietro il vetro della porta, ad osservare le gocce schiantarsi contro il suolo violente, a formare uno spettacolo precipitoso.
Se mi sforzo un po’ riesco a ricordare l’odore del thè che mia madre mi faceva trovare appena sveglia sul comodino in quelle mattine cupe ed affascinanti, proprio come Grace.
Adesso penso al profumo dei suoi capelli, neri come la pece, del suo collo avvolto da un pallore fatto per essere marchiato da baci irrequieti, labbra color ciliegia e i suoi occhi, più neri del nero, un colore che non è ancora stato inventato.
Solitamente sono questi i pensieri che faccio al mattino, quando sento l’alba avvicinarsi, un’alba così lontana all’orizzonte, almeno quanto questi pensieri su cui medito e su cui sento la mancanza come un mattone sopra la mia testa che cade dal decimo piano di un edificio.
E come la velocità del mattone che cade, e come l’impatto, questa mancanza aumenta e mi distrugge.
Rimango in attesa fissando ciò che del mio corpo posso vedere senza l’aiuto di uno specchio, fino a che non sento quei passi: sono venuti a prendermi, dopo due sedute di elettroshock, per farmi confessare invano l’omicidio di Grace e della ragazza; hanno deciso di fare in modo che la mia vita finisca oggi, hanno deciso di ”giustiziarmi”.
E intanto io ritorno ai miei pensieri, perché alla prossima alba non sarò più in grado di farlo.

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Secondo classificato -  Il richiamo del lago – di Viola Francioni


GIORNO 1
Caro diario, inizio a scriverti ora che ho finito il trasloco, però partiamo per gradi, intanto mi presento.
Piacere, sono Jessica Rose, madre italiana, padre americano, i miei genitori hanno divorziato da poco e quindi sono andata a vivere in America con mio padre; lui lavora per uno studio dentistico nel centro di New York. Proprio perché è sempre a contatto con le persone e con la confusione metropolitana, ha deciso di comprare una casa vicino ad un bosco in un paesino abbastanza lontano da tutto, basta pensare al fatto che la prima strada asfaltata è a 50 km da casa.
Mi piace il paesaggio: ero abituata a Milano dove vedevo solo palazzi, qua invece abbiamo il lago anche se bisogna attraversare il bosco per andarci.
Ora sono stanchissima, ti riscriverò tra un paio di giorni per aggiornarti sulla nuova vita qua.

GIORNO 5
Ho iniziato la nuova scuola di moda e design, le compagne di classe sono fantastiche, mi sono fatta tante amiche in così poco tempo.
Domani viene Eleonor a casa mia, mi aiuta a studiare fisica perché proprio non riesco a capirla, forse perché in queste notti non ho dormito bene, per il trasferimento penso… è come se mi sentissi osservata, sarà solo una mia impressione, niente di che… ora ti saluto, voglio essere carica per domani.

GIORNO 10
Continuo a non dormire la notte, ho iniziato ad avere gli incubi, sogno di essere inseguita da un’ombra e poi svanisce tutto nel nulla, la notte mi sveglio piangendo sempre alle 3 e 38… questa cosa è strana.
Domani voglio fare un po’ di ricerche su questa casa, la vedo interessante e certamente avrà una storia dietro; devo ricordarmi di chiedere a mio padre se ne sa qualcosa.
Io e Eleonor stiamo legando tanto, anche lei è mezza italiana, però da parte di padre; vive qua da quando è nata, chissà se lei sa qualcosa su questa casa, magari chi ci abitava prima; è estate quindi la sera c'è sempre la nebbia, non si vede niente e quel paesaggio che tanto mi piace di giorno la sera mi inquieta.
Tra 10 giorni io e Eleonor andiamo alla festa di Nik, il più fico della classe, mi divertirò sicuramente.
un bacio :)

GIORNO 15
In questi giorni sono andata a giro per il paese dopo scuola con Eleonor, mi ha fatto conoscere sua nonna; tutti i giorni lei e la sua migliore amica, nonché la sua vicina di casa, prendono la sedia a dondolo, si mettono sulla veranda e ripensano ai vecchi tempi.
Sua nonna si chiama Nicole e la vicina Violet. Mi hanno raccontato tantissime storie del loro passato: il nonno di Eleonor è morto ancora prima che lei nascesse, si chiamava Luigi, mentre sua nonna, dopo la morte del marito, con un figlio in grembo, si trasferì in America per cercare lavoro e piano piano si sistemò qua.
Le ho chiesto come mai proprio in questo paesino: mi ha riposto che è come se il paese avesse scelto lei, come se la "chiamasse"... non ho ben capito il senso ma non sono stata tanto a indagare.
Ho incontrato un ragazzo a scuola, si chiama Mattew, molto carino; mi sa che lo vedrò alla festa di Nik.
Ho chiesto a mio padre se sapeva la storia di questa casa ma mi ha detto che era meglio non parlarne e non capisco il motivo...
Continuo a non dormire, ho delle occhiaie spaventose, ma quello che più mi spaventa sono gli ululati dei lupi in sottofondo…
Buonanotte!

GIORNO 30
È passata la festa di Nik, Eleonor è persa di lui, hanno ballato tutta la sera e a fine serata l'ha baciata; ora stanno insieme.
Io e Mattew ci stiamo frequentando, ora voglio chiedergli se mi accompagna al lago, sento proprio il bisogno di andarci, come se mi "chiamasse"…
Sono tornata a trovare la nonna di Eleonor, le ho chiesto se sapeva dirmi chi abitava lì prima di me; mi ha raccontato che ci abitava una coppia, la donna morì 5 anni dopo che si erano sposati, non si è ancora capito il motivo; l'uomo dopo la morte della donna, iniziò a diventare strano, ebbe un cambiamento di carattere, divenne schivo e restio verso tutti, un po’ asociale.
Si dice che alcune sere proprio da quella casa si sentivano delle urla, e pochi anni dopo la morte della donna lo trovarono impiccato ad un albero in mezzo al bosco; lasciò una lettera in cucina con scritto: “Ho fatto tanto male, è tempo di morire, ma non vi lascerò mai”.
Forse aveva ragione mio padre, era meglio non parlarne… ora voglio saperne di più!

GIORNO 40
Scusa se ti ho scritto poco in questi giorni, ma tra la scuola e le "indagini" sulla casa sono sempre impegnata!
Io, Eleonor, Nik e Mattew stiamo uscendo spesso insieme, abbiamo deciso di fare una specie di campeggio sulle rive del lago uno di questi giorni, cosi almeno vedrò con i miei occhi che mi sto solo immaginando le cose che vedo la notte dopo che ho saputo della storia.... giusto, non te lo avevo detto, ma da quando la nonna di Eleonor mi ha raccontato la storia di quell'uomo, quando mi sveglio la notte sento delle voci, a volte bisbigliano, altre volte urlano; le sento provenire dal lago come se urlassero il mio nome, come se mi "chiamassero".
La notte continuo a fare sempre quel sogno dell'ombra che mi rincorre, continuo sempre a svegliarmi alle 3 e 38 proprio quando quella figura sta per prendermi.
Ieri sono andata nella biblioteca di paese, ho trovato un libro che parla della storia di questo posto, delle case, scandali e pettegolezzi, e di tutte le leggende sul bosco e sul lago.
Una leggenda narra "quando il bosco attraverserai, urla e fruscii sentirai, attento alle spalle caro viandante, potrai trovare un’ombra gigante, corri, schiva e fuggi, o a casa vivo non tornerai."
Forse è meglio non andarci al lago, attraversare il bosco fa troppa paura.

GIORNO 50
Ti porterò con me in questa splendida giornata, abbiamo deciso di andare al lago e fare quel famoso campeggio.
Mentre ti sto scrivendo Mattew, Nik e Eleonor stanno preparando i bagagli; io non dormo più la notte, quindi il mio lo avevo già pronto.
Non dormo più sempre per i soliti motivi, caro mio: mi sveglio sempre alla stessa ora, ma il sogno è cambiato, ho sempre l'ombra che mi rincorre, ma ora riesce a prendermi, è più veloce, più forte, e anche se so che è tutto un sogno, mi sento veramente stringere nel letto... a volte il piede, a volte il braccio... anche la figura sta prendendo forma, rimane sempre tutta nera, ma ora non è più astratta, è un uomo.
Poi accanto a me alcune notti, c'è una donna che urla, è lei che mi fa svegliare prima che quell'ombra mi faccia del male, le sue urla mi penetrano le orecchie come se ci fosse veramente qualcuno li vicino...
BASTA! non voglio più pensarci!
Oggi voglio godermi al meglio questa giornata, sono arrivati gli altri, ti riscrivo appena arriviamo al bosco.
ECCOCI!
Ci abbiamo messo poco, te lo avevo detto che era vicino il bosco, anche troppo vicino a volte.
Siamo venuti in macchina perché non riuscivamo a portare tutte le cose a mano, ora Mattew e Nik stanno togliendo gli zaini e le tende per la notte.
Ho paura, spero di non sognare anche stanotte l'ombra, mi risuona nella testa la leggenda che avevo letto: "... schiva, fuggi o a casa vivo non tornerai"... ci penso troppo, devo smetterla.
Si sta facendo notte, ci siamo fermati poco prima del lago, in mezzo al bosco.
I ragazzi hanno montato le tende e io ho detto a Eleonor dei miei incubi, che avevo paura a dormire lì ma anche tanta adrenalina in corpo da non andarmene.
Ora ti lascio, ti scrivo dopo quando gli altri dormono......

5 ore dopo.
Stanno dormendo tutti... sento le voci che sentivo anche quando ero a casa, si lamentano, urlano qualcosa, chiamano qualcuno, non lo so... il suono è distorto, non capisco da dove proviene.
Sento gli ululati, e qualche movimento dentro il bosco, ma non vedo niente.
Si è alzata la nebbia, le voci si fanno più forti… ma ora le capisco, chiamano me… ora sento il richiamo da dove viene, dal lago!
Mi dirigo verso quello, mi sento seguita, non so da cosa o da chi.
Mi sono girata, ho visto un’ombra, sarà sicuramente Mattew che vuole farmi uno scherzo... gli sto urlando che lo scherzo non funziona più, che l'ho scoperto... ma non risponde... sento la mia voce più cupa, mi sento svenire.
Continuo ad avvicinarmi al lago, il richiamo è sempre più forte!
L'ombra! L'ho rivista!
Mi stava correndo dietro, sono scappata, ho corso per tutto il bosco, mi sono messa dietro un albero, sicuramente sono al sicu...
 
 
Jessica non si era ricordata la leggenda sul bosco, corri, schiva, fuggi...
queste erano le tre opzioni, o a casa vivo non tornerai.


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Terzo classificato -  Amanda – di Martina Ruberti

Amanda aveva appena comprato una penna nuova, per poter finire di scrivere il suo romanzo.
Era davvero soddisfatta dell'acquisto: la penna era nera, lucida ed elegante, decorata con una piuma dai colori dell'arcobaleno che pendeva dall'estremità superiore.
In quel momento si trovava in spiaggia, accompagnata dal rumore dell'oceano.
Dopo aver raccolto tutte le pagine già scritte e quelle ancora da scrivere, impugnò la penna si mise all'opera: iniziò a scrivere l'ultimo capitolo, parlando di Nix, la sirena protagonista della sua storia.
Dopo qualche riga, alzando distrattamente la testa, giurò di aver visto la coda di un pesce davvero grande, forse un delfino, uscire e rientrare immediatamente in acqua, luccicando.
Si affrettò a cercare il suo cellulare per poter immortalare il momento, ma la coda non c'era più.
Le parole scritte sul foglio avevano incredibilmente assunto la stessa colorazione della piuma che decorava la sua penna.
Spostò quasi istericamente tutti i fogli, compresi quelli già scritti, e fu sicura che almeno per una frazione di secondo, tutti fossero di quel colore.
Sbatté qualche volta gli occhi e tutto era tornato normale: era stata un'illusione ottica, oppure il riflesso del sole.
Bevve un po' del succo che aveva portato con sé e si decise a tornare a scrivere.
E di nuovo, l'iride sulle parole scritte: prima solo sull'ultima parte, poi, per un secondo, anche sul resto.
Era sicura: non era stato il riflesso.
E proprio in quel momento, la sua pelle assunse i soliti colori, prima le dita, poi le mani, le braccia, le spalle, il viso e tutte le gambe.
Provò a gridare, spaventata, nello stesso momento in cui una forza magica (e le sembrava una follia pensarlo) la trascinava verso l'acqua, e il suo divincolarsi non servì più a niente.
Continuava a dimenarsi e a scalciare mentre, senza poter fare nulla per impedirlo, vorticava sott'acqua, sempre più lontana dalla riva, verso le profondità più remote dell'oceano.
Si agitava, allarmata per il poco ossigeno che le rimaneva, non capiva cosa stesse succedendo e inaspettatamente... respirare era possibile.
Con le mani attaccate alla gola impedì a sé stessa di farlo ancora e cercò di urlare, sentendo la sua voce disperata, un grido forte, reale, risuonarle nelle orecchie.
Poteva non solo respirare, ma anche vedere nitidamente.
E poi, concentrandosi di più, vide cosa pensava non fosse possibile: c'era il castello di Submint, il regno dove aveva ambientato la sua storia, esattamente come se l'era immaginato.
Era confusa, come bloccata, senza sapere cosa fare o cosa dire.
“Amanda?”
Colpo al cuore, non si girò.
“Amanda, non voglio farti male” insisté la voce alle sue spalle.
“Chi sei? E come sai chi sono?”
“Sono Nix”
Il sangue le si gelò nelle vene.
“Che cosa?”
“Voltati”
Lentamente, fece come le era stato detto.
Nix era esattamente come se l'era immaginata.
I capelli scuri come la fuliggine le ondeggiavano sulle spalle come se non fossero sommersi e i suoi occhi verdi, il centro del suo potere, brillavano come smeraldi.
Ogni sirena della sua storia aveva una caratteristica speciale: quella di Nix era la capacità di leggere la mente e immobilizzare chi le stava davanti grazie ai suoi occhi.
“E so chi sei, perché vivo grazie a te, Amanda” sorrise, ed era ancora più bella di come pensava.
“C-come è possibile che io sia qui?” domandò, sconvolta.
“Credo che sia grazie alla tua penna” rise la sirena.
Amanda non riusciva a ridere però.
Vide tante altre sirene, dalle caratteristiche diverse: chi poteva soggiogare, chi accecare, altri essere invisibili, e tanti di più.
“Hai bisogno dell'Oracolo, Amanda. Non sopravviverai a lungo qui, se sarai una sirena solo per metà”
Amanda si bloccò ancora.
“Tranquilla, la cosa non sarà irreversibile” sorrise rassicurante, “Adesso però aggrappati alla mia coda, ti porto da lei”
Annuì e fece come le era stato detto, di nuovo.
L'Oracolo era una sirena molto più simile ad un mezzo angelo che ad un mezzo umano, circondata da un'aura bianca.
“ Ès un piacere conoscerti, finalmente” si inchinò Xidya.
Amanda riuscì solo a sorridere leggermente.
“Hai bisogno di una coda e dei tuoi poteri” sentenziò non ricevendo risposta.
“Che cosa?!” urlò quasi.
“Finalmente ho sentito la tua voce! Credo di avere le cose giuste per te”
Dopo un movimento veloce delle mani di Xidya, Amanda aveva la coda decorata dal solito motivo ad arcobaleno che ormai la contraddistingueva.
“Il tuo potere è la capacità di ammaliare l'avversario, sei la sirena delle leggende” sorrise l'Oracolo.
“Credo di dover dire grazie, allora” e per la prima volta da quando era arrivata, si sentì più leggera.
Xidya si accigliò prima di parlare.
“Sai a che punto siamo della tua storia, Amanda?”
“No, non ho scritto niente che mi riguardasse” rispose.
“Ovviamente” replicò, con un risolino forzato. “Siamo poco prima dell'attacco dei Borgons”
“Ma non ho scritto la fine!”
“Esatto, Amanda.. dovrete farla, la fine.. Siate prudenti, stanno per arrivare, possedete tutto quello di cui necessitate. Credo che sia il momento di andare per voi”
Ma subito dopo la chiamò ancora, facendola voltare.
“Il tuo tempo non è infinito: fra un'ora esatta la Magia ti riporterà qui e avrai pochissimo tempo per compiere una scelta”, si raccomandò Xidya.
Amanda non poté chiedere spiegazioni; in quell'istante il regno in lontananza scomparve sotto il fumo nero che annunciava l'arrivo dei Borgons: creature massicce a due teste con il corpo allungato e robusto, padrone di un veleno letale che trasmettevano con i morsi e con la coda biforcuta.
“Quello è il richiamo, dobbiamo sbrigarci” incalzò Nix indicando le proiezioni colorate a forma di conchiglia che si stagliavano in alto. La loro corsa iniziò.
Guardando verso il villaggio, era già possibile vedere l'inizio della guerra che Amanda aveva accuratamente descritto nelle pagine che ora giacevano probabilmente abbandonate sulla spiaggia.
Le sirene sprigionavano i loro poteri, i Borgons tentavano di ferirle, di ucciderle.
Alcune sanguinavano, ma nessuna di loro si era arresa.
Coraggiose guerriere, così le aveva immaginate, e così stavano dimostrando di essere.
Sirene e Borgons erano stati in competizione per tanti secoli: molti anni prima, una sirena uomo, Artan, aveva cercato di raggirare il primo oracolo per potergli sottrarre il potere, grazie ad un incanto; egli era stato punito per questo, trasformato in una creatura orrenda e malvagia, e come lui tutta la sua stirpe.
Questa era la storia che Amanda aveva attribuito loro, senza sapere che un giorno ne sarebbe stata parte.
Arrivati sul campo Nix si trovò immediatamente davanti ad un Borgon, e senza pensarci due volte lo immobilizzò grazie al suo sguardo, facendo cenno a Max, il suo migliore amico che le aveva raggiunte, di procedere a sua volta: con una mossa repentina lo spezzò in due, grazie al suo dono, la forza.
“Amanda, tocca a te!” urlò Nix, quando un Borgon si stava avvicinando alla scrittrice.
Non sapeva come fare, provò a concentrarsi e le sue iridi presero il solito colore della coda, così anche la sua pelle: la creatura ne fu stregata, dando l'opportunità ad una sirena vicina, un uomo, il cui potere erano delle lame come prolungamento delle braccia, di poterlo trafiggere e uccidere.
C'erano sirene morte accasciate al suolo, Borgons inerti sopra di loro, c'era il sangue dorato delle sirene, e un liquido verde, probabilmente il sangue dei mostri.
All'improvviso un Borgon si presentò alle spalle di Max e lo trafisse al centro del petto.
Lui tirò tutti i muscoli e socchiuse leggermente la bocca, che lasciò fuoriuscire un rivolo d'oro, spalancò gli occhi per poi lasciarli chiudere lentamente.
Un grido pieno di dolore si levò fra le creature magiche che combattevano, era Amanda.
Il corpo di Max cadeva sempre più in basso sotto i suoi occhi disperati, fin quando non toccò il fondo e non si confuse insieme a mille altri.
Grazie ai colori di Amanda, ancora più sgargianti per la rabbia e per il dolore, il Borgon venne distratto e una sirena alle sue spalle ebbe la possibilità di farlo esplodere in migliaia di coriandoli, senza lasciarne resti.
Poi, d'un tratto, una forza come quella che l'aveva portata a Submint si impossessò di lei e la attirò verso la sede dell'Oracolo.
“È giunto per te il momento di scegliere, Amanda, se restare fra noi o tornare ad essere un'umana. Ma ti avverto, il tempo corre, sempre più veloce, e dovrai sbrigarti, prima che la Magia scelga per te. Nessuno si ricorderà di cosa sei stata prima se sceglierai di restare, all'infuori di te. Ma tu non ricorderai niente di noi, se sceglierai di tornare. Rimarranno solo le pagine dei tuoi libri” le spiegò l'Oracolo.
Probabilmente, però, era già troppo tardi: il vortice arcobaleno che l'aveva portata lì si impossessò di lei e le fu impossibile scegliere.
Aprì gli occhi poco dopo: alla sua destra le pagine erano ancora tutte lì, scritte con un banalissimo inchiostro nero e si domandò quando e come fosse riuscita ad addormentarsi.

 

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